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PRIVACY E LEGGE SULLA TRASPARENZA
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Privacy e Legge sulla trasparenza

La legge sulla privacy (D.Lgs 196/20003) e la legge sulla trasparenza (L. 241/1990) fanno riferimento ai nuovi diritti, definiti di terza generazione, rispetto ai diritti di libertà e ai diritti sociali.

Le due leggi sono strettamente correlate, infatti l’estensione di una preclude l’esercizio dell’altra. Il legislatore ha compiuto uno sforzo per cercare di bilanciare i due diritti in contrasto fra di loro e la dimostrazione dell’esistenza del problema sono le numerose pronunce a cui è stata chiamata la magistratura.

In questo capitolo cercheremo di dare una informazione il più possibile bilanciata su un argomento così dibattuto.

La legge sulla trasparenza

La legge 241/90 ha come finalità quella di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e favorirne lo svolgimento imparziale, concedendo al cittadino il diritto, tramite apposite procedure, di accedere ai documenti dell’amministrazione pubblica.

Condizione necessaria per esercitare il diritto di accesso è la sussistenza di un interesse personale e concreto per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, di cui il richiedente deve avere la titolarità.Tale diritto di accesso può essere esercitato da “chiunque vi abbia interesse” per cui riguarda sia persone fisiche che giuridiche.

Il responsabile della procedura di accesso (di solito il dirigente scolastico) deve verificare l’esistenza di un collegamento tra il documento richiesto e la posizione del richiedente, valutando la possibilità che dall’accesso al documento ne tragga un vantaggio.

Il richiedente, tramite richiesta informale o formale,può ottenere sia la semplice visione del documento sia la sua riproduzione in copia.

Se risulta possibile evadere subito la richiesta informale, il documento viene presentato senza ulteriori procedimenti, altrimenti il richiedente deve compilare in carta libera una richiesta che contenga i seguenti elementi:

  • identità del richiedente o del soggetto sostitutivo con specifica dei poteri rappresentativi;
  • individuazione del documento oggetto della richiesta;
  • prova dell’interesse personale;
  • motivazione della richiesta di accesso, in cui va dimostrato il collegamento tra la propria posizione e il documento e che pertanto non deve essere un motivo di semplice conoscenza.

Al ricevimento della richiesta, l’ufficio competente appone la data di presentazione con un timbro della scuola rilasciando una ricevuta al richiedente. Da questo momento l’amministrazione scolastica ha tempo trenta giorni per completare il procedimento.

L’istanza può essere:

  • accolta, con l’indicazione a quale ufficio rivolgersi e il periodo di tempo per il quale sarà possibile accedere al documento (non meno di 15 giorni);
  • respinta, con adeguata motivazione;
  • differita, quando la conoscenza di alcuni documenti può compromettere l’attività in itinere (Decreto n. 60 del 10/1/96)

Non tutti i documenti possono essere oggetto del diritto di accesso, infatti il Ministero della pubblica istruzione con regolamento n.60 del 10/1/1996 ha escluso i seguenti documenti:

  • rapporti informativi sul personale dipendente;
  • documenti contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale;
  • documenti di accertamenti e dichiarazioni medico-legali;
  • documenti relativi alla salute delle persone;
  • interventi dell’autorità giudiziaria o della Corte dei conti relativi a responsabilità penale,
    civile o amministrativa;
  • relazioni della procura della corte dei conti;
  • rapporti all’autorità giudiziaria;
  • incarichi ispettivi;
  • procedure concorsuali;
  • stipula di contratti;

E’ esclusa dal diritto di accesso anche la corrispondenza di privati e sono altresì escluse le situazioni finanziarie o patrimoniali utilizzate ai fini dell’attività amministrativa, per esempio la dichiarazione dei redditi o la sentenza di separazione o divorzio dei coniugi.

Nel caso in cui venga richiesto l’accesso a un documento che non è in possesso della scuola, possiamo avere due tipi di situazioni:

  • il documento è stato inviato ad altro ente (per esempio al comune): in questo caso la pubblica amministrazione che ha emesso il documento deve trasferire la richiesta di accesso al comune e notificare al richiedente tale situazione;
  • il documento non esiste: in questo caso occorre notificare al richiedente che non esiste.

Di norma non si può comunque respingere un’istanza senza motivazione.

Gli articoli del codice della privacy sull’accesso agli atti

Iniziamo col dire che ovviamente l’art. 7, che tutela i diritti dell’interessato, è lo strumento con il quale il cittadino può esercitare un controllo sui propri dati inseriti nelle banche dati gestite dalle pubbliche amministrazioni.

Per quanto riguarda specificatamente l’interazione tra le due leggi, l’art. 59 prevede che si faccia riferimento alla legge sulla trasparenza per quanto riguarda l’accesso ai dati sensibili e giudiziari.

Come eccezione viene poi inserito nell’art. 60 l’accesso ai dati così detti “supersensibili”, cioè i dati che riguardano lo stato di salute: questi dati non possono essere oggetto di accesso tranne nel caso in cui il diritto da tutelare sia di pari rango rispetto al diritto alla riservatezza o per la tutela di un diritto fondamentale.

Nel caso in cui la richiesta di accesso agli atti coinvolga anche soggetti terzi, la scuola deve necessariamente inviare a tali controinteressati la comunicazione della richiesta di accesso agli atti pervenuta. In tal modo i controinteressati possono far valere i loro diritti, compresi quelli concernenti la tutela della loro sfera di riservatezza. Anche la prevalente giurisprudenza considera contraddittori necessari in un procedimento di accesso agli atti gli eventuali controinteressati.

Prima dell’entrata in vigore del nuovo codice era prassi comune per i giudici favorire il diritto di accesso ai documenti per tutelare i diritti fondamentali del cittadino a scapito del diritto alla riservatezza, mentre in caso di accesso c.d. conoscitivo, che cioè non era fatto per tutelare i propri interessi giuridici, prendeva il sopravvento la garanzia della riservatezza.

Tale impostazione viene di fatto confermata dalla nuova legge sulla privacy con alcuni opportuni accorgimenti, quali ad esempio oscurare nei documenti gli identificativi dati personali di altri soggetti diversi dal richiedente.

Come risolvere i conflitti tra le due leggi

Il diritto di accesso ai dati personali e gli altri diritti sanciti dal Codice della privacy riguardano i dati personali (anziché atti e documenti) e possono essere esercitati dalle persone cui i dati si riferiscono senza particolari formalità e limitazioni, ad eccezione dei casi di esclusione tassativamente indicati dal Codice. In particolare, ai fini dell’esercizio del diritto di accesso ai dati, l’interessato non è tenuto ad esplicitare le ragioni della sua richiesta di accesso, che può concernere soltanto le informazioni riferite alla propria persona e non può essere estesa ai dati relativi a terzi.

Il diritto di accesso ai documenti è invece garantito solo in riferimento a documenti della pubblica amministrazione e di determinati altri soggetti da parte di chiunque sia portatore di un interesse personale e qualificato per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, nonché da parte di amministrazioni, associazioni e comitati portatori di interessi pubblici o diffusi.

Nel caso di esercizio del diritto di accesso ai dati, l’amministrazione è tenuta ad estrapolare dai propri archivi e documenti tutte le informazioni di carattere personale che riguardano l’interessatoe comunicarle a quest’ultimo in forma idonea a renderle facilmente comprensibili. A differenza dell’accesso ai documenti, l’Amministrazione non è pertanto obbligata ad esibire o a consegnare copia all’interessato di atti o documenti contenenti le informazioni che lo riguardano.

Infine per quanto riguarda la tutela in sede giudiziaria del diritto di accesso ai dati personali e degli altri diritti sanciti dal Codice, la nuova disciplina prevede che tutte le controversie riguardanti l’applicazione delle disposizioni previste dal Codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, competono all’autorità giudiziaria ordinaria (art. 152).

In relazione alla tutela in sede giudiziaria del diritto di accesso agli atti amministrativi, la legge 241/90 ha disposto, invece, all’art. 25, comma 5, che contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso è dato ricorso, nel termine di 30 gg, al TAR.

La tutela del diritto alla riservatezza deve essere presa in considerazione a proposito di atti contenenti valutazioni (ad es. elaborati degli alunni) che, per loro natura, sono destinati al confronto con quello degli altri studenti in un contesto che coinvolge direttamente gli altri allievi per un necessario giudizio di relazione.

Lapossibilità di comunicare i dati personali degli alunni ad aziende o comunque a terzi ai fini dell’orientamento o dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è prevista dall’art. 96 del Codice, che recita:

1.Al fine di agevolare l'orientamento, la formazione e l'inserimento professionale, anche all'estero, le scuole e gli istituti scolastici di istruzione secondaria, su richiesta degli interessati, possono comunicare o diffondere, anche a privati e per via telematica, dati relativi agli esiti scolastici, intermedi e finali, degli studenti e altri dati personali diversi da quelli sensibili o giudiziari, pertinenti in relazione alle predette finalita' e indicati nell'informativa resa agli interessati ai sensi dell'articolo 13. I dati possono essere successivamente trattati esclusivamente per le predette finalita'.

2. Resta ferma la disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, sulla tutela del diritto dello studente alla riservatezza. Restano altresi' ferme le vigenti disposizioni in materia di pubblicazione dell'esito degli esami mediante affissione nell'albo dell'istituto e di rilascio di diplomi e certificati.”

Pertanto la scuola potrà avvalersi di tale facoltà solo dietro richiesta espressa degli interessati (o dei genitori per gli alunni minorenni): si noti bene che non è richiesta l’autorizzazione alla trasmissione dei dati personali, ma la richiesta degli interessati alla comunicazione dei loro dati a soggetti terzi.

Per quanto attiene, invece, a procedimenti d’esame o comunque a procedimenti cheimplicano una valutazione dei candidati, l’accesso da parte del richiedente alla visione del proprio elaborato scritto comporta anche la possibilità di visionare gli elaborati degli altri candidati, con l’avvertenza di mascherare i nominativi, allo scopo di conservarne l’anonimato. Ciò perché la tutela della riservatezza non può precludere il diritto del candidato alla verifica di una generale ed uniforme applicazione dei criteri fissati per la valutazione.

In particolare, per poter accedere ai documenti relativi ad un altro alunno occorre dimostrare di avere un particolare interesse giuridicamente tutelato alla regolarità delle operazioni svolte dal consiglio di classe o dalla commissione valutatrice. Nel caso concreto, tale interesse consiste nell’accertamento che pertutti gli alunni o per tutti i candidati sia stato utilizzato lo stesso metro di valutazione e che pertantonon si siano verificate, al riguardo incongruenze.La sussistenza di tale interesse deve essere valutata in astratto, senza cioè che possa essere effettuata alcuna considerazione in ordine alla possibilità o meno di presentare un ricorso su tali questioni.

Considerazioni analoghe valgono per ciò che si verifica alla chiusura di ogni anno scolastico in merito alla richiesta di accesso da parte dei genitori agli atti di valutazione degli allievi.

Così la scuoladeve procedere anche nel caso di formulazione di graduatorie di istitutoriguardanti sia il personale docente che il personale ATA.

Il richiedente l’accesso agli atti, in caso di formulazione di graduatorie, è portatore di un interesse differenziato rispetto a quello della generalità degli altri aspiranti, egli è pertanto sicuramente legittimato ad avere visione della documentazione prodotta dai soggetti precedenti in graduatoria dal momento che l’esercizio del diritto di accesso è strumentale ai fini di una effettiva tutela di un interesse iuridicamente rilevante. L’amministrazione deve comunque limitare l’accesso ai soli documenti indispensabili per la tutela dell’interesse del richiedente.

Nei casi sopra descritti, però, il diritto di accesso si sostanzierà nella possibilità di prendere visione degli elaborati, ma non di estrarne copia.

Un altro caso di conflitto tra le due leggi si può trovare, sempre in materia di graduatorie, quando un docente chiede di poter accedere alla documentazione sanitaria relativa alla legge 104 presentata dai colleghi. In questo caso occorre, come sempre in questi casi, contemporaneamente assicurare la trasparenza degli atti amministrativi senza violare la privacy degli interessati, consentendo l’accesso alla documentazione sanitaria ma con i nominativi oscurati. A questo punto se il richiedente non si ritiene soddisfatto, potrà fare ricorso al Tar competente. Davanti ad una richiesta specifica del Tar l’amministrazione potrà far accedere il richiedente ai dati, completi di indentificativi.

Non possono essere accolte, invece, le richieste di pubblicazione dei dati riferiti a erogazioni di emolumenti in favore di docenti per attività aggiuntive (FIS). Questo perché la pubblicazione di tali dati acquisterebbe il carattere di diffusione di dati personali e come tale sarebbe lesiva dell’interesse alla riservatezza dei soggetti coinvolti.

In realtà,si sono verificati alcuni casi dubbi circa la posizione dell’amministrazione scolastica nell’applicazione della legge 241/90 considerata l’incidenza della normativa che ha istituito la figura del “Dirigente Scolastico” e che prevede una separazione tra le funzioni di indirizzo politico amministrativo attribuite al Consiglio di istituto e quelle di gestione attribuite al Dirigente scolastico.In merito a quest’ultima funzione, non sussiste un obbligo di comunicazione al Consiglio di istituto dei dati personali e quindi neppure degli importi assegnati ai singoli dipendenti per le attività aggiuntive a carico del Fondo di istituto, bastando, viste le funzioni attribuite al Consiglio di istituto, la conoscenza dell’ammontare complessivo dellasomma spesa e del relativo titolo di imputazione giuridica. Non sussiste nemmeno il diritto del singolo componente del consiglio di istituto come tale ad accedere ai relativi atti e documenti amministrativi per un controllo di regolarità di gestione, ponendosi il diritto di accesso in relazione a situazionigiuridiche soggettive, unicamente al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa.

Ulteriori dubbi possono sorgere circa la possibilità di accesso, da parte delle RSUdi istituto, alla documentazione concernente l’erogazione di fondi relativi ad attività aggiuntive dei docenti, che rientrano nelle modalità di utilizzazione del personale in rapporto al POF.

La comunicazione di tali dati non rientra tra gli obblighi di informazione preventiva, che riguardano i progetti retribuiti con il fondo di istituto, i criteri di retribuzione e di utilizzazione del personale nello svolgimento delle attività aggiuntive, dati, comunque, inerenti alla generale attività di organizzazione del lavoro.

In questo caso, si ritiene che l’adempimento informativo da parte del Dirigente scolastico nei confronti delle RSU di istitutoriguardi solo i nominativi del personale utilizzato in tali attività, senza menzionare l’impegno orario e gli importi erogati.

Precedentemente all’entrata in vigore del nuovo codice Privacy il tribunale di Cassinoaveva invece accolto il ricorso avanzato dalla RSU di istituto contro il Dirigentescolastico che aveva negato l’accesso alle tabelle di liquidazione dei compensi ai docentiimpegnati in attività e progetti retribuiti con il fondo di istituto argomentando che la non pubblicazione delle suddette tabelle integrasse gli estremi della condotta antisindacale, in quanto limitativa dell’attività delle delegazioni sindacali trattanti e lesiva di una prerogativa riconosciuta alle stesse dalla contrattazione collettiva .

Alla luce del nuovo Codice si ritengono superate tali argomentazioni, come si evince da quanto suesposto.


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